I social network sono ormai la sede per eccellenza dell’influencer marketing, che esprime tutte le proprie potenzialità in modo particolare su Tik Tok e Instagram. Questi, per altro, sono anche i social che vengono utilizzati più spesso dai bambini, i quali sono alquanto esposti alle conseguenze della pubblicità, e al suo impatto persuasivo, in virtù di una capacità di pensiero critico che non è ancora del tutto matura. Ecco spiegato il motivo per il quale serve un’attenzione critica verso l’influencer marketing: infatti i post pubblicati sui social media, se coinvolgenti e adeguatamente persuasivi, compromettono la capacità dei più piccoli di identificarli come messaggi pubblicitari.
I rimedi
Sia le agenzie che gli influencer dovrebbero mettere in risalto in maniera più evidente il carattere pubblicitario di tali contenuti, ma ciò potrebbe non essere sufficiente. Sarebbe anche auspicabile che le piattaforme cercassero di limitare il volume di una pubblicità simile destinata ai bambini. Senza dimenticare – sia chiaro – il ruolo degli educatori e delle famiglie, che devono svolgere un compito di monitoraggio completo per fare in modo che i bambini siano supportati e possano adottare un approccio critico nei confronti dei contenuti che sono destinati a loro.
Gli influencer e i social network
Che si tratti di essere umani o – come accade sempre più di frequente – di identità artificiali, gli influencer più bravi hanno milioni di follower, e sono sovente criticati per la mancata distinzione tra contenuti pubblicitari e non. Mentre sui giornali, in radio e in televisione gli annunci pubblicitari sono inseriti in una cornice ben riconoscibile, nel caso dei social network il discorso è diverso. Come è stato affermato in un’intervista da Philip Kotler, il marketing non è altro che la volontà di dar vita a un’esperienza eccezionale sviluppata per assecondare le esigenze di una comunità, di un gruppo o di una persona. Il volume di affari relativo all’influencer marketing è cresciuto dell’80% nel corso degli ultimi cinque anni: era di 1 miliardo e 700 milioni di dollari nel 2016 ed è diventato di 13 miliardi e 800 milioni di dollari nel 2021.
I bambini in Rete
Un utente online su tre è un bambino. Per questo motivo è fondamentale sviluppare le condizioni che consentano loro di navigare in sicurezza: è una responsabilità dei più grandi e un diritto dei più piccoli. A loro devono essere forniti gli strumenti indispensabili per aumentare il loro livello di consapevolezza. In una realtà digitale che segue la strada di una frammentazione sempre maggiore, occorre trattare con i guanti il settore dell’influencer marketing.
Le prospettive per il futuro
Risale al 2019 un articolo pubblicato dal Guardian, dai toni a dir poco allarmistici, a proposito dell’impatto sui bambini dei virtual influencer, vale a dire gli influencer artificiali. Quelli, cioè, ideati e sviluppati unicamente per scopi di marketing. In quell’articolo ci si riferiva agli influencer artificiali come a un vero e proprio pericolo, dal momento che essi venivano ritenuti non educativi e nemmeno responsabilizzanti: nati solo per catturare l’attenzione e pensati per approfittare della necessità tipica dei più piccoli di avere degli esempi, dei riferimenti e dei modelli. Questa è la ragione per la quale gli adulti devono mettere i bambini nelle condizioni di adottare un approccio critico, fermo restando che allo stato attuale non esistono evidenze scientifiche a proposito di un eventuale impatto negativo degli influencer artificiali sui più piccoli.
Una sfida da affrontare
Per i prossimi tre anni le previsioni di crescita in relazione agli influencer artificiali sono pari al 25%: un dato importante, anche perché i virtual influencer si caratterizzano per una capacità di engagement sui social network che è tre volte più elevata di quella che hanno gli esseri umani. I CGI influencer e i personaggi digitali sono protagonisti di storie appassionanti, di solito hanno circa 20 anni e prestano molta attenzione a come si vestono. Ovviamente sono manipolati da chi li ha ideati e dai committenti, e offrono numerosi vantaggi: non si possono ammalare, hanno un costo ridotto e vengono manipolati a seconda delle esigenze.
La necessità di nuove norme
In Italia e in altri Paesi, fra i quali il Regno Unito, sono state imposte delle linee guida relative all’impiego di hashtag che segnalino che i contenuti pubblicitari postati sui social sono inserzioni a pagamento. Inoltre, occorre specificare se il prodotto che viene menzionato o recensito è stato concesso in omaggio o nel contesto di un vero e proprio contratto di sponsorizzazione. I bambini influencer, noti anche come kidfluencer, vantano guadagni importanti perché nei video di cui sono protagonisti non recitano ma mettono in scena sé stessi. Di conseguenza vengono percepiti come autentici e risultano più credibili rispetto ai classici spot. Un esempio noto è quello dei video di unboxing presenti su Youtube: una forma di marketing con una crescita pari addirittura all’871%.